Come si spiega la figura esagonale presente al polo sud di Nettuno?
Devo ammettere che quando ho ricevuto questa domanda la prima cosa che ho pensato è stata: “Ma l’esagono non era piuttosto su Saturno, e al polo nord?“
Beh sì la più famosa struttura esagonale nell’atmosfera di un gigante gassoso è quella scoperta e studiata in dettaglio dalla sonda Cassini su Saturno; ma nel 2014, un appassionato di fotografia astronomica si è messo a spulciare tra le immagini grezze scattate dalla sonda Voyager 2 nel 1989 durante il suo passaggio vicino a Nettuno.
L’obiettivo era combinare più immagini per ottenere una visione d’insieme del sistema nettuniano con i suoi satelliti e anelli. Ma giuntando le diverse immagini e uniformandone luminosità e contrasto, si è sorprendentemente rivelata una struttura esagonale anche nell’atmosfera di Nettuno!
Purtroppo sulla struttura di Nettuno non ci sono altre immagini oltre a questa. Dovremo aspettare di avere una sonda in orbita attorno a quel pianeta per avere ulteriori conferme della sua esistenza e per studiarne le caratteristiche.
Dell’esagono di Saturno (scoperto sempre da Voyager 2 nel 1988) abbiamo invece molti più dati grazie alla sonda Cassini che ha orbitato attorno il pianeta per ben 20 anni dal 1997 al 2017.
Dalle tante e bellissime immagini di Cassini si sono potute ricavare molte informazioni sulla velocità della forma esagonale e del vortice centrale. Tali misure hanno permesso agli scienziati di provare a riprodurre in laboratorio un fenomeno quanto più simile possibile.
Se ci chiediamo come una struttura geometrica del genere possa svilupparsi e rimanere stabile nel tempo ci ritroviamo rapidamente alla frontiera della conoscenza scientifica. Infatti non abbiamo ancora una spiegazione accettata da tutti, ma piuttosto ci sono varie ipotesi che diversi gruppi di ricerca stanno verificando.
Innanzitutto già ai tempi della scoperta si poté subito confermare che la rotazione dell’esagono coincide con il periodo medio di rotazione del pianeta1.
Si è poi provato a generare simili forme in laboratorio riempiendo completamente un serbatoio cilindrico di acqua e facendo ruotare il serbatoio ad una velocità e la parte interna del fondo e del coperchio ad un’altra velocità2.
Per determinate differenze di velocità tra serbatoio e fondo/coperchio, la presenza di un colorante ci mostra come si creino spontaneamente una serie di vortici, che possono disporsi in poligoni regolari ed essere anche stabili per un discreto periodo di tempo3.
Alcuni ricercatori hanno però obiettato che questi risultati mostrano un fenomeno diverso da quello che avviene su Saturno. Se guardiamo più attentamente l’immagine di Saturno infatti, non vediamo un grande vortice per ciascun lato dell’esagono come invece risulta dagli esperimenti.
Per questo negli ultimi anni altri due gruppi di ricerca hanno studiato altre possibili ipotesi e sono riusciti a costruire modelli matematici che riescono a riprodurre il fenomeno visto su Saturno senza bisogno dei vortici laterali. Ipotizzando la presenza di una semplice corrente a getto al bordo dell’esagono si ottengono risultati molto più vicini a quanto riscontrato nella realtà4.
Uno studio più recente ha mostrato come risultati ancora migliori si ottengano accoppiando una corrente a getto ad un singolo vortice centrale.5 In quest’ultimo caso i ricercatori non hanno neppure dovuto imporre la presenza del getto laterale poiché si genera da solo in simulazioni che tengano conto degli effetti dell’instabilità barotropica. Questo termine indica un’atmosfera in cui la densità dipende solo dalla diversa pressione a diverse altezze. In questo stesso modo si spiega tra l’altro la presenza delle Correnti a Getto nell’atmosfera terrestre. (E qui chiedo ai meteorologi in ascolto di commentare in caso abbia scritto qualche stupidata o abbia semplificato troppo 😉 ).
Infine, proprio qualche mese fa, è stata pubblicata un’analisi degli ultimi dati della sonda Cassini che ha constatato la presenza di una struttura esagonale nella distribuzione di temperatura ben al di sopra delle nuvole6. Questa struttura si forma in estate (un anno di Saturno dura 29 anni terrestri), ed è visibile solo nelle immagini scattate all’infrarosso ma ricalca bene i contorni di quanto vediamo nelle fotografie alla luce visibile.
Dalla conoscenza del clima e delle strutture nelle atmosfere degli altri pianeti del sistema solare otteniamo conoscenze che possiamo riutilizzare per capire meglio anche il clima sul nostro pianeta. Uno sforzo molto importante vista la complessità dei fenomeni che ruotano attorno al problema del riscaldamento globale e quindi alla stessa sopravvivenza nostra e di molte altre specie su questo “granello blu alla periferia della galassia”. Un posto insignificante su scale cosmiche ma un posto speciale visto che rimane ancora l’unico pianeta su cui siamo sicuri ci sia la vita.
Bibliografia
- D.A. Godfrey. “A hexagonal feature around Saturn’s north pole”. Icarus. 76 (2): 335–56 (1988) | doi:10.1016/0019-1035(88)90075-9
- A. C. Barbosa Aguiar, P. L. Read, R. D. Wordsworth, T. Salter, Y. Hiro Yamazaki. “A laboratory model of Saturn’s North Polar Hexagon”. Icarus. 206 (2): 755–63 (2010) | doi: 10.1016/j.icarus.2009.10.022
- Lakdawalla, E.; Saturn’s hexagon recreated in the laboratory, Planetary Society Blog, (2010), http://www.planetary.org/blogs/emily-lakdawalla/2010/2471.html
- R. Morales-Juberías, K. M. Sayanagi, A. A. Simon, L. N. Fletcher, R.G. Cosentino. “Meandering Shallow Atmospheric Jet as a Model of Saturn’s North-Polar Hexagon”. The Astrophisical Journal Letters vol 806, 1 (2015) | doi:10.1088/2041-8205/806/1/L18
- M. Rostami, V. Zeitlin, A. Spiga. “On the dynamical nature of Saturn’s North Polar hexagon”. Icarus. 297: 59–70 (2017) | doi:10.1016/j.icarus.2017.06.006
- L. N. Fletcher, G. S. Orton, J. A. Sinclair et al. “A hexagon in Saturn’s northern stratosphere surrounding the emerging summertime polar vortex”, Nature Communications Vol 9, 3564 (2018) | doi:10.1038/s41467-018-06017-3